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Stampa 3D: pedina importante verso la sostenibilità dei processi produttivi

Stampa 3D: pedina importante verso la sostenibilità dei processi produttivi

In questo preciso momento storico i discorsi sulla sostenibilità ambientale sono sempre più fitti e si intrecciano, giustamente, con i processi produttivi. Un’attenzione molto superiore rispetto al passato, riguardo a questi temi, pone il focus sulla ricerca di strumentazioni meno impattanti e tecnologie green. La stampa 3D non si può certo definire una tecnologia verde, se però si parla di limitare l’impatto ambientale della produzione in serie allora anche l’additive manifacturing risponde alla chiamata.

A basso impatto per definizione

Innanzitutto bisogna capire come funziona la produzione additiva, che non è un unico processo produttivo bensì un cappello sotto il quale si raccolgono diverse tecnologie. Come dire, le tecniche sono diverse ma il concetto è lo stesso: aggiungere strato su strato per ottenere l’oggetto finale. Con ciò arriviamo per deduzione al primo vantaggio in termini di ecosostenibilità della stampa 3D, ovvero l’utilizzo solo del materiale necessario alla produzione dell’oggetto. Tra le principali tecnologie che rappresentano la stampa 3D ci sono:

– La stereolitografia (SLA): qui il file CAD, ovvero il progetto digitale che va stampato, viene letto dalla macchina come l’insieme di migliaia di livelli piatti, in 2D. Una luce UV solidifica la resina liquida che si posiziona sul piatto di stampa. Questo laser colpisce solo nelle parti in cui deve in modo da costituire, livello su livello, l’oggetto ultimo.

– Tecnologia Multi Jet Fusion: in dotazione alla gamma di stampanti HP, questa tecnologia è basata sulla pratica del nesting. In sostanza il nest sarebbe questo contenitore che viene riempito di polvere polimerica, al suo interno possono essere stampati oggetti diversi (e di diverso design) contemporaneamente. I polimeri vengono solidificati grazie a una specie di scanner luminoso che, strato su strato, fonde e unifica solo le superfici interessate (agendo anche in questo caso un livello alla volta).

– Stampanti FFF, fused filament fabrication: un filamento di uno specifico materiale, solitamente resina, viene inserito nell’estrusore e, una volta fuso, modellato sempre strato per strato. Processo piuttosto veloce ma meno preciso degli altri due.

Questo solo per elencare alcuni di questi processi che contraddistinguono la stampa 3D, che a questo punto sarà chiaro essere una sorta di macrocategoria. Altro aspetto che bisogna sottolineare è che il processo di generazione dell’oggetto avvenga sempre per addizione di materiale. Nel caso della tecnologia FFF viene usato solo il filamento necessario, SLA e MJF invece utilizzano dei contenitori pieni di materiale, e tutto quello che non viene utilizzato in quella singola stampa può essere riutilizzato.

La sostenibilità della stampa 3D

Spicca in termini di adeguamento ai moderni standard di ecosostenibilità la possibilità di utilizzare in fase di stampa dei veri e propri polimeri biodegradabili. Ciò sta a sottolineare le potenzialità dello strumento e la ricerca in corso sui materiali, destinati a diventare sempre più efficaci e meno impattanti.

Le stesse macchine, inoltre, hanno emissioni inferiori rispetto alla media delle macchine per la produzione industriale. Tuttavia qui il distinguo è d’obbligo. Nessuna stampante 3D è in grado di competere in termini di costo e velocità con una macchina industriale creata appositamente per la produzione in serie di uno specifico oggetto. Quindi anche se a livello di impatto la produzione additiva eccelle, questa non può (almeno al livello attuale) essere considerata una tecnologia alternativa per la produzione in serie medio ampia. È sulla prototipazione rapida infatti che l’additive manufactoring eccelle, questo perché il costo pro capite per la produzione dell’oggetto resta inalterato per la singola unità come per molteplici. Al netto di tutto questo sentiamo di poter concludere che la stampa 3D è destinata a scrivere un capitolo importante nella riconversione dei processi produttivi in chiave sostenibile. Questo sia per quanto riguarda a sua stessa capacità di dare forma agli oggetti, sia rispetto alla possibilità di ripensare i design classici e i relativi materiali utilizzati.

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